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Bere

Vino biologico e biodinamico: l'esempio di Cantina Orsogna

In provincia di Chieti abbiamo incontrato questa azienda che usa metodi di coltivazione sostenibile e la filosofia del recupero. L'intervista al direttore Camillo Zulli

Gabriele Bitaj

CHIETI. Produrre vino in maniera strettamente legata al territorio. Questa è la nuova filosofia, sarebbe meglio dire antica, della Bio Cantina Orsogna, che proprio in provincia di Chieti, in Abruzzo, ha deciso di recuperare il filo antico di produzione enologica che va tanto indietro nel tempo.
Il vino esiste da quando esiste l’uomo. Scoperto per caso, forse, per dell’uva dimenticata lasciata in un recipiente. Un po’ come successe per il pane lievitato. Certo, quello che bevevano i nostri lontanissimi parenti non è la stessa bevanda che consumiamo oggi. Gli antichi dovevano allungare con acqua e con l’aggiunta di spezie e miele il vino molto forte e alcolico che veniva prodotto.
L’Italia ovviamente è per storia e tradizione uno dei paesi produttori più rinomati e proprio qui risiedono i consumatori più fedeli. L’ attenzione per i prodotti biologici e  biodinamici è in continua crescita così come la loro importanza all’interno del settore.

La Cantina tra Biologico e Biodinamico

La Cantina Orsogna nasce nel 1964, composta da 35 soci. Oggi la cooperativa ne conta 500 e lo scorso anno, nel 2022, ha raggiunto l’invidiabile traguardo della produzione al 100% biologica sui 1400 ettari che hanno a disposizione. I metodi di coltivazione sostenibile e la filosofia di recupero e mantenimento della tradizione del territorio rendono i vini della cantina unici.
Ma non solo, la ricchezza culturale e della biodiversità regala alla Cantina Orsogna un testamento per i posteri in cui la ricca vita faunistica e floristica sono i veri protagonisti del processo produttivo.
L’ente Demeter è un organismo di controllo e certificazione che già dal 1920 certificava la produzione biodinamica  in Germania e in Italia. “Prima di essere biodinamici però è necessario essere prima di tutto biologici”, ci spiega il direttore della cantina Camillo Zulli.
Il percorso di conversione del gruppo Orsogna è cominciato sul biologico nel 1995 e si è concluso nel 2022 con il 100% delle aziende certificate biologiche. Quello biodinamico invece inizia nei primi anni 2000 e adesso il 50% delle loro aziende sono certificate Demeter.

Le regole per la certificazione e le pratiche della Bio Cantina

Per vantarsi del titolo di azienda biodinamica è ammesso l’utilizzo di materiale organico per il concime ma deve essere di produzione interna. Parliamo quindi di letame, di pascolamento sovescio e del processo di recupero dei sottoprodotti di vinificazione o di potatura.
In Cantina Orsogna si reinserisce quindi nel ciclo di produzione la sostanza organica viva non industriale, ricca di microbiologia. Questi sono i principi base dell’azienda per quanto riguarda la catena biodinamica. Alcune realtà del gruppo Orsogna sono autosufficienti, laddove questo non accade alcune risorse vengono concesse in convenzione da altre attività socie.
Il Direttore ci descrive i loro processi di fermentazione: “All’interno della cooperativa effettuiamo un tipo di fermentazione spontanea che può essere riconosciuto nelle pratiche biodinamiche e un secondo tipo in cui vengono utilizzati lieviti selezionati dal polline delle api o dalla biodiversità della Maiella”. In questi ultimi due casi non è possibile utilizzare la certificazione Demeter in quanto non è ammesso neanche un minimo di selezione, anche se naturale.
“Il disciplinare biologico permette di aggiungere tutto quello che è anche naturale, non ponendoti limiti - continua Camillo Zulli - la biodinamica invece, soprattutto sulla fermentazione, sui solfiti e anche su operazioni come la stabilizzazione tartarica, sì”. Nella biodinamica non vengono aggiunti solfiti, quindi i primi quattro o cinque giorni avviene naturalmente la fermentazione dei lieviti e dei peculati. Quelli selvaggi, quelli considerati “difettosi”. Dei difetti si possono venire a creare ma spesso sono legati all’annata, al territorio, ma anche al vitigno.

Per non perdere il Seme: "pè nin perde la sumente"

La volontà e il DNA della Cantina Orsogna si riassume perfettamente nel titolo dell’iniziativa cominciata nel 2022. La campagna indica il rifiuto di perdere le tradizioni e le origini. Questa si muove su più binari per rispettare e non dimenticare le origini della loro terra.
La ricerca e riscoperta che il progetto porta avanti sugli ecotipi delle varietà di vini è il risultato di questa virtuosa volontà. Il Sangiovese, per esempio, si trova in Abruzzo con diversi ecotipi a seconda delle condizioni di coltivazione legata al clima ma anche ai produttori. Quindi lo stesso Sangiovese tra Teramo, Chieti o Vasto, cambia. Sarebbe un peccato non tenere traccia e perdere le varietà che si sono sviluppate.
Prezioso è anche il lavoro di interviste per raccogliere la tradizione orale del territorio: i soci originari hanno ormai quasi novant’anni. Le testimonianze raccolte diventano valore per il futuro. Ci dicono infatti con orgoglio dalla Cantina che “il racconto della vita dei produttori più anziani acquista il valore di esempio per i loro nipoti, per le generazioni che verranno a sostituirli”. Un esempio è l’intervista rilasciata dal produttore che ha realizzato i primi impianti di vigneti in provincia di Chieti che ha visto e vissuto molto. Aveva tanto da raccontare e proprio una settimana dopo è venuto a mancare.
Menzioniamo anche il ricco lavoro con la Banca del Germoplasma: un “granaio” per conservare la biodiversità vegetale rare o minacciate di estinzione nel parco Maiella.

“Vivo questa realtà da ormai 40 anni, sono nato in campagna, ho somatizzato queste cose dai miei nonni e quindi per me è naturale condividerlo e trasmetterlo agli altri. Sono agronomo, enologo, esperto di biologico ma anche figlio. Figlio e nipote di contadini", spiega ancora Camillo Zulli.

Le attività che creano in casa Orsogna vogliono cantare un sogno che diventa modello per un territorio, quindi da replicare.
Gli interventi tecnologici, quando sono inferiori lasciano esprimere meglio il vitigno, il territorio. “Nelle tecniche tradizionali e convenzionali - dichiara Zulli - vitigni diversi spesso si confondono. La tecnologia tende ad appiattire con lieviti selezionati. Non c’ è espressione del vitigno, dell’annata”.
La produzione eseguita in Cantina Orsogna invece dà una forte identità al vino che è un valore aggiunto e quindi si riceve bene: il vino è buono e vero.
I consumatori stanno cambiando, lo sappiamo già. E non solo per quanto riguarda i vini, il trend è chiaro. Sempre di più stiamo attenti all’impatto ambientale dei prodotti che acquistiamo, la loro origine e il rapporto con il territorio e in questo Bio Cantina Orsogna rappresenta il modello da seguire, non ha rivali.

 

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