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Mangiare

La storia del pomodoro immerso nell'acqua di mare

A Sarno Paolo Ruggiero e la sua azienda Gustarosso hanno fatto incontrare due mondi: quello del contadino e del pescatore. Il risultato? Un pomodoro San Marzano unico al Mondo con la magnifica sensazione della dolcezza salina

Paolo Marcucci

SARNO (Salerno). La produzione dei pomodori in questa terra feconda, nutrita anche dall’eruzione vulcanica (Campania Felix la chiamavano i romani), viene tramandata da generazioni. Nei giardini, irrigati anche da sorgenti d’acqua sotto i filari, la tradizione manuale è ancora alla base della produzione di questo distretto dove la sapienza si trasmette e si riproduce di famiglia in famiglia. La tecnica colturale è ancora oggi quella di derivazione secolare che prevede lo sviluppo della vite di tipo verticale, come la vite, e quindi con l’uso di pali di sostegno. Si raccoglie con il metodo a scalare che ne prevede sette, otto volte ma anche di più, nel periodo da luglio a settembre e soltanto se è ben maturo e soprattutto quando cala il sole.

Tradizioni familiari come quella di Paolo Ruggiero – giunta alla quarta generazione, dal 1910 – che però ha anche ideato l’innovazione narrativa dell’area facendone in questo senso un distretto moderno. La narrazione nell’economia moderna è fondamentale e, per questo, Paolo e gli altri, sono andati in giro per il mondo a raccontare la loro storia che è finita anche sul New York Times.

Così nasce il marchio Gustarosso che vuole rappresentare, ridare forma al sogno di riportare alla vita l’antico rito popolare di “fare le butteglie”, cioè quello che si faceva nelle campagne sarnesi tra agosto e settembre: preparare la conserva di pomodoro. Quel lavoro, in quei giorni, si svolgeva in tutto il paese e nelle strade l’aria era pungente a causa dell’odore della conserva, mentre tra una canzone popolare e una chiacchiera “se faceva juorno”. La preparazione della conserva era nel paese una vera e propria festa che coinvolgeva le famiglie e le persone in un clima di lavoro e divertimento, rinsaldando così i rapporti di amicizia e di vicinato.

Il pomodoro, originario del Sudamerica (in Europa arriva nel 1540), deve il suo nome, secondo alcune fonti, al rimando al pomo d’amore (si credeva che il pomodoro avesse proprietà afrodisiache e sarebbe questo il motivo per cui i francesi originariamente lo definivano pomme d'amour ) che nel tempo la lingua trasforma in pomodoro (o pomidoro). Secondo altri invece è da attribuire al botanico senese Pietro Andrea Mattioli che per primo documentò l'ortaggio in Italia e lo tradusse in italiano "pomo d'oro" per il suo caratteristico colore giallo oro prima della definitiva fase di maturazione che lo trasforma in rosso.

Racconta Paolo che il pomodoro viene tuffato nell’acqua di mare per fare incontrare, come dice lui, il contadino e il pescatore. Naturalmente l’acqua di mare, grazie ad una partnership con una società specializzata, viene sterilizzata con una tecnica in modo tale da preservarne il sapore. Il risultato è un pomodoro San Marzano con la magnifica sensazione della dolcezza salina.

La produzione oggi è affidata a questo consorzio di 60 piccoli produttori locali, che si sono associati in una cooperativa (Danicoop), che segue le tre fasi fondamentali della catena: la coltivazione, la trasformazione, e infine, la commercializzazione del pomodoro San Marzano DOP.

La cooperativa segue quindi tutto il processo produttivo, dalla fornitura delle piantine, all’assistenza tecnica agronomica, fino alla crescita e quindi alla raccolta del prodotto, con una filiera che si compone di agricoltori, tecnici specializzati, volta ai controlli sulla materia prima finale per garantire i consumatori attraverso la tracciabilità documentale di tutto il processo di lavorazione.

Ma che caratteristiche deve avere il San Marzano per rispettare il DOP ed essere presidio Slowfood? Deve essere prima di tutto autoctono e non di varietà ibride (che sono sì più resistenti alle lavorazioni meccaniche, ma non hanno lo stesso sapore). Devono essere di colore rosso uniforme e rapporto colorimetrico a/b non inferiore a 2,2 per arrivare alla forma allungata e parallelepipeda di una lunghezza che può andare da 60 a 80 millimetri. Come spiega Slowfood: “appena raccolto si deve sciacquare e sistemare nei barattoli, poi si fa cuocere 13 minuti. Nient’altro: nessun additivo, nessun conservante. Si manterrà benissimo in vasetto per almeno un anno”.

Il progetto Gustarosso, in una naturale evoluzione, può accogliere per la notte anche i visitatori che vengono ad assaggiare i prodotti, con stanze arredate che prendono il nome e il colore delle pitture murali da varietà di pomodori autoctoni campani come Pomodoro San Marzano, Pomodorino Crovarese, Lucariello, Spunzillo e Friarielli.

I prodotti si possono acquistare anche on-line attraverso la pagina Shop del sito della cooperativa https://www.gustarosso.it

Foto da Coldiretti.it

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