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Pecorino di Filiano DOP: il sapore lucano che sa di transumanza

Tra i pascoli dell’Appennino lucano, dove il vento trasporta storie antiche di greggi in cammino, nasce un formaggio che profuma di riti pastorali e cultura contadina: il pecorino di Filiano DOP.

Vincenzo Colao

In questo articolo scopriremo le radici di un’eccellenza lucana, prodotto con latte di pecora crudo secondo metodi millenari, che racconta la transumanza, l’identità del territorio e l’attaccamento al gusto autentico.

Approfondiremo storia, caratteristiche, tecniche di lavorazione e abbinamenti, per presentarvi un formaggio che è molto più di un semplice pecorino.

Pecorino di Filiano DOP: pascoli e tradizione pastorale

Il pecorino di Filiano affonda le radici nella pastorizia transumante, una pratica antica che ha modellato i paesaggi lucani fin dall’epoca romana. Filiano e i comuni limitrofi in provincia di Potenza furono da sempre culla di allevamenti ovini, il cui latte serviva per creare formaggi di lunga durata utili durante i lunghi spostamenti stagionali.

Il nome stesso del paese potrebbe derivare dalla lavorazione della lana filata, un altro segno di un’economia pastorale stratificata. Nel dicembre 2007 questo formaggio ha ottenuto il marchio DOP, sancendo ufficialmente il suo legame con il territorio e la tradizione produttiva locale.

Caratteristiche organolettiche e varietà di stagionatura

Il pecorino di Filiano DOP è un formaggio a pasta dura e semicotta, prodotto con latte ovino intero e crudo, proveniente da pecore delle razze Gentile di Lucania o incroci locali. Le forme, cilindriche e segnate dai canestri tradizionali, pesano tra 2,5 e 5 kg, con crosta dal giallo dorato al bruno scuro e pasta compatta con sporadiche occhiature.

Il sapore evolve con la stagionatura: da dolce e delicato nei primi mesi, si fa leggermente piccante dopo la maturazione minima di 180 giorni, per intensificarsi progressivamente dopo 8-12 mesi.

Tecniche di produzione tradizionali

La lavorazione del pecorino di Filiano segue un rigoroso disciplinare: il latte crudo viene lavorato entro 24 ore, riscaldato in caldaie di rame tra 36-40 °C e coagulato con caglio di capretto o agnello.

La cagliata è poi rotta fino a ottenere granuli della dimensione di chicchi di riso, estratta e sistemata in “fuscedd” (fusi di giunco).Dopo un breve spurgamento nel siero, le forme vengono salate a secco o in salamoia, quindi stampate a mano e poste in stagionatura nelle grotte di tufo o ambienti controllati con temperatura 12‑14 °C e umidità 80‑85%.

A partire dal ventesimo giorno, la crosta può essere spennellata con olio d’oliva lucano e aceto di vino. La stagionatura minima è di 180 giorni.

Il sapore del territorio nei piatti lucani

Il pecorino di Filiano è un formaggio poliedrico: da tavola, da grattugia o da meditazione. Il pecorino giovane, con la sua dolcezza e friabilità, si abbina a insalate, noci, valeriana, mentre le forme più stagionate esaltano piatti robusti della tradizione, come la pasta al ragù lucano, fave o cavoli bolliti.

La sua versatilità richiama quella di un pecorino sardo dalle radici millenarie, ulteriore testimonianza di come i formaggi ovini italiani sappiano raccontare territori e culture differenti. Spesso il pecorino di Filiano si sposa con vini rossi locali strutturati, come l’Aglianico del Vulture DOC, valorizzando al massimo le sue note aromatiche.

Valorizzazione: sagre, consorzi e identità culturale

Ogni anno, a settembre, a Filiano si celebra la Sagra del Pecorino di Filiano, una festa che promuove la cultura casearia, la socialità e la riscoperta del territorio lucano. Il Consorzio di Tutela, attivo nell'area, assicura il rispetto del disciplinare e promuove l’eccellenza del prodotto nel panorama italiano.

La valorizzazione spazia dalle iniziative turistiche, ai mercati locali, fino alla promozione internazionale del pecorino di Filiano come simbolo di qualità, identità e tenacia contadina.

Un formaggio che profuma di montagna e storia

Il pecorino di Filiano DOP è un viaggio tra le erbe dei pascoli lucani, il suono delle campane delle greggi, e il calore delle grotte di stagionatura. È un sapore che traduce un’intera cultura: quella della transumanza, del lavoro artigianale, del legame con una terra spesso dimenticata. Portarlo in tavola significa celebrare una storia e assaporare il gusto autentico della Basilicata.

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