Prato, seconda città più popolosa della Toscana, punto di riferimento del tessile in Europa ma anche una piacevole scoperta dal punto di vista enogastronomico. Se fate un giro in Toscana, insomma, una tappa a tavola da queste parti potrebbe valere la pena. Cosa possiamo mangiare a Prato di buono? Ci sono alcune eccellenze che ci hanno incuriosito e che vale la pena assaggiare. Ve le mostriamo nel dettaglio grazie all’aiuto del sito eatprato.it.
IL BISCOTTO DI PRATO
Tutti in Toscana li conoscono, sono un vero e proprio “must”. Sono i famosi biscotti con le mandorle diversi dai cantuccini toscani con cui vengono spesso confusi. Esistono sin dal Medioevo, molto apprezzata era per esempio la loro capacità di conservarsi a lungo durante i lunghi pellegrinaggi. Sono oggi prodotti nelle più svariate fogge e varianti, la ricetta originale prevede solo pochi semplici ingredienti: farina, uova fresche, zucchero semolato, mandorle dolci (intere e con la buccia), pinoli della riviera toscana, baccello di vaniglia e scorza di limone. Per tutelare questo bene è stato creato anche un Consorzio per la sua valorizzazione, in modo da promuovere sempre di più il prodotto, vero ambasciatore nel mondo dei sapori del pratese.
LA MORTADELLA DI PRATO
Lo ammettiamo. Pensavamo che la Mortadella fosse solo una questione legata a Bologna e all’Emilia Romagna. E invece ne esiste anche una tutta made in Tuscany. Antico salume cotto, la Mortadella di Prato ha ben poco a che vedere con la cucina bolognese. La ricetta si perde nell’alba dei tempi, quando salumieri e norcinai si inventarono questo insaccato per utilizzare gli scarti dei pezzi più pregiati della collezione (salami e prosciutti). Una tradizione che è stata ripresa circa trent’anni fa.
Si realizza con carne di suino bio allevato sul territorio nazionale. Il disciplinare impone l’eliminazione di nitrato di sodio, potassio e acido ascorbico, né è ammesso l’uso di polifosfati o altri conservanti. Per questo motivo la Mortadella di Prato ha una minore durata di conservazione e deve essere tenuta sottovuoto. La cottura avviene tramite bollitura in caldaie d’acciaio con una gradazione al cuore tra i 68 e i 70 gradi, ma può essere effettuata anche a vapore.
Le parti di maiale utilizzate sono spalla, rifilatura di prosciutto, capocollo, guanciale, lardone e pancetta, mentre per la concia si usano esclusivamente pepe nero in grani, pepe nero macinato, sale, polpa d’aglio pestato, macis, coriandolo, cannella, garofano e l’immancabile liquore Alkermes. Il colore è un rosa intenso, tendente all’opaco. La forma è una via di mezzo tra salame e mortadella tradizionale, per un minimo di 300 grammi fino ad un massimo di 2,5 kg.
LE PESCHE DI PRATO
l primo cenno storico scritto sulle pesche si ha quando nel 1861 alla locanda Contrucci in piazza del Duomo l’oste servì questo dolce durante la festa per l’unità d’italia, da qui il nome Pesche di Prato.
Un dolce composto da due semisfere di pasta brioche, farcite con crema pasticcera che lega le due metà, dal sapore accentuato da una bagna speziata, l’alkermes, con sfumature di vaniglia.
Un dolce famosissimo in Toscana ma che nel tempo si è fatto apprezzare nelle vetrine di tante pasticcerie italiane. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare le pesche di Prato non contengono al loro interno la pesca, ma prendono il nome dalla loro forma, che ricorda appunto una pesca.
Foto da eatprato.it