Dalle lasagne ai passatelli, la vera cucina emiliana

In questo nuovo articolo raccontiamo la pasta fresca che meglio rappresenta la storia dell'Emilia Romagna. Così da portare in tavola ancora una volta tutta la tradizione e l’eccellenza della nostra cucina regionale


  • 23.12.2023

In questo nuovo articolo raccontiamo la pasta fresca che meglio rappresenta la storia dell'Emilia Romagna. Così da portare in tavola ancora una volta tutta la tradizione e l’eccellenza della nostra cucina regionale.

GLI ANOLINI
Con il termine "anolino" si intende il termine latino "anulus", ossia anello. L’origine risale al XII secolo, con le prime menzioni nei manoscritti di Salimbene De Adam nel 1284. Tuttavia, solo nel 1500 che Bartolomeo Scappi viene introdotta sulle tavole di re e papi. Una nota storica proviene dal diario del principe Cosimo Meli Lupi di Soragna, cortigiano ducale a Parma, nel 1793, che menzionò il duca Ferdinando I Borbone, appassionato delle tradizioni culinarie, che si dilettava a preparare i ravioli, chiamati "anolini" nel dialetto locale. Anche alla corte di Maria Luigia, duchessa di Parma e Piacenza, gli anolini erano una prelibatezza invernale, e si attribuisce a lei la frase "Solo al re Anolino la Duchessa porge il suo inchino". Fu solo grazie a Pellegrino Artusi che la ricetta degli anolini divenne patrimonio della cucina popolare, estendendosi oltre le classi agiate.

I BASOTTI
Conosciuti come "Basotti" o Bazòtt, questi tagliolini in brodo sono tipici dell'Alto Savio e Bagno di Romagna. Il loro nome dialettale riflette l'origine contadina. Originariamente un piatto della cucina povera, oggi sono un simbolo della tradizione culinaria locale, si presentano come quadrettoni di tagliolini saporiti e croccanti, completamente asciutti grazie all'assorbimento graduale del brodo durante la cottura. Se un tempo erano riservati alle feste, oggi sono parte integrante della gastronomia locale.

I CAPPELLACCI
I cappellacci alla ferrarese, pasta ripiena sostanziosa, si realizzano stendendo la pasta, ritagliandola in rettangoli e farcendola con zucca cotta, uovo, parmigiano e noce moscata. Dopo la cottura, vengono conditi con un delizioso ragù di carne.

I CAPPELLETTI
Durante il Rinascimento, con l'emergere della cucina delle corti signorili nel XVI secolo, i Cappelletti, pasta ripiena, ebbero la loro nascita ufficiale. Le prime tracce risalgono al XIII secolo nel testo di Fra Salimbene da Adam. Cristoforo di Messisbugo e Bartolomeo Scappi, cuochi della corte estense, furono i primi a menzionare i Cappelletti, descrivendone la forma e prescrivendone il "battuto" o "compenso". La ricetta, inizialmente limitata alle corti, si è presto diffusa in tutta la Romagna e il centro Italia, assumendo variazioni regionali nel ripieno. La prima testimonianza ufficiale dei Cappelletti Romagnoli risale al 1811, quando un rapporto ufficiale descrisse questa tradizione natalizia, associata a un brodo di cappone, notando anche la competizione per mangiarne di più, che talvolta causava indigestioni. Questa tradizione secolare li vede ancora oggi gustati durante la stagione invernale.

I GARGANELLI
I garganelli, tipici della Romagna, risalgono al 1700, durante il regno dei Bentivoglio a Ferrara. La leggenda narra che, mentre l'Arzdora, esperta cuoca del Cardinale Bentivoglio, preparava cappelletti, un animale domestico si cibò del ripieno. Senza scoraggiarsi, decise di arrotolare la pasta in eccesso su una canna, rigandola sul pettine di un telaio, dando vita ai garganelli. Il nome deriva da "garganel" (trachea di pollo), riflettendo la loro forma. Noto come "Maccheroni al pettine" nel modenese, il formato era apprezzato a corte per la perfetta unione del sugo alla pasta. Con costo inferiore alla pasta ripiena, i garganelli diventano popolari anche tra i ceti medio-bassi, rendendo questo piatto una tradizione culinaria radicata.

LA GRAMIGNA
La gramigna alla salsiccia, tipica della cucina emiliana, offre una ricetta semplice ma deliziosa. La pasta, formato corto all'uovo, si unisce a un ragù di salsiccia, preparato con fresca salsiccia, soffritto, salsa di pomodoro e senza altre carni. Questo condimento corposo è perfetto per la gramigna, che può essere sia fresca sia secca. Alcune varianti includono l'aggiunta di latte durante la cottura o panna fresca al momento di condire la pasta. Adattabile a varianti in bianco, la gramigna alla salsiccia è un'opzione ideale per un pranzo familiare.

LE LASAGNE
Le lasagne alla bolognese, capolavoro della cucina italiana, coniugano sfoglia all'uovo, ragù e besciamella. La ricetta si è evoluta nel tempo, la prima elaborazione risale a chef bolognesi.
Le radici si ritrovano nell'antica Roma, con sfoglie di farina cotte e ripiene di carne. Il formaggio comparee nel XIV secolo, mentre il pomodoro emerge a Napoli nel 1881. La versione a strati e la sfoglia verde si affermano nel 1863, diventando celebri come lasagne bolognesi grazie a Paolo Monelli nel 1935. L'Accademia Italiana della Cucina deposita la ricetta originale con ragù, sfoglia e besciamella. Gli ingredienti includono carne macinata, pancetta, verdure, passata di pomodoro, vino, latte, olio o burro, uova, farina, spinaci, e besciamella.

I MALTAGLIATI
I Maltagliati, pasta all'uovo emiliano-romagnola, derivano dalle tagliatelle. Durante la preparazione, l'impasto arrotolato dà origine a strisce sottili; il margine in eccesso viene tagliato in modo irregolare, creando fettucce "sghembe", appunto maltagliati. Tipici dell'Emilia-Romagna, sono ideali con minestre di legumi, come la tradizionale minestra di fagioli, ma esistono varianti povere che li impiegano in altre preparazioni. La loro storia è intrisa di semplicità e ingegno, rappresentando un'icona della cucina regionale che si tramanda con creatività attraverso le generazioni.

I PASSATELLI
I Passatelli emiliani, gustosa minestra invernale della cucina emiliana, emanano un profumo di tradizione. Prediletti nella zona di Modena, si diffondono nell'Emilia-Romagna e oltre. Nell'Artusi trovano un riconoscimento, ma la loro storia affonda radici nella tardura, antica variante della stracciatella. In tempi in cui il parto avveniva in casa, la stracciatella, composta da pangrattato, uova e formaggio, nutriva le neo-mamme. Michele Placucci narrò la tradizione nella Romagna dell'800. Nel tempo, la stracciatella evolvendosi diventa il passatello emiliano, abituale piacere durante le fredde domeniche invernali, ricordando l'antica bontà delle famiglie di campagna. La ricetta, tramandata di generazione in generazione, trova a Modena il suo apice.

I PISAREI E FASO'
I pisarei e fasò sono un prelibato piatto piacentino, offrono gnocchetti di pangrattato con ricco sugo di pomodoro e fagioli. Simbolo culinario delle famiglie, ideale per pranzi domenicali o cene conviviali. La preparazione, pur semplice, richiede tempo e precisione. Cruciale la consistenza dell'impasto, che deve essere sodo ma non secco, morbido ma non appiccicoso. L'aggiunta graduale di poca acqua tiepida è essenziale. Questa pietanza, radicata nella tradizione locale, si declina in varianti familiari, come il soffritto con lardo o pancetta. La densità del piatto può variare secondo i gusti, proponendosi più o meno "all'onda".

GLI STRICHETTI
Gli strichetti o scrichetti, considerati l'antenato della pasta fresca casereccia, sono simili alle farfalle e diffusi in Romagna (Ravenna e Forlì-Cesena) e Emilia (Bologna). Con varie denominazioni come scrichét o fiuchét in romagnolo, derivano dalla preparazione della sfoglia di uova e farina, tagliata in rettangoli da 3×2 cm. Stretti verso il centro con le dita, assumono la forma caratteristica a nastrini, noti anche come stricchetti, fiocchetti, nastrini, farfalline o farfallette. Un'antica tradizione culinaria lega queste prelibatezze alle abili mani dei cuochi casalinghi in questa regione.

GLI STROZZAPRETI
Gli strozzapreti, tipici della Romagna, con acqua e farina (senza uova), portano con sé una storia singolare. Chiamati anche "lunghet" per la forma, il termine "strozzapreti" evoca la Romagna repubblicana e socialista. In epoca preunitaria, quando la regione faceva parte dello Stato della Chiesa, i contadini erano vessati dalle tasse dei preti. Per schernirli, si serviva loro una pasta simile a corde d'impiccagione, esprimendo il desiderio che si "strozzassero" mangiando. Anche se gli strozzapreti esistevano già nel Settecento, il legame satirico con i preti persiste, come dimostra il nome "ingannapreti" di un altro formato romagnolo.

 


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