Sulla Riviera di Levante, i pansotti alla ligure raccontano l’incontro fra erbe spontanee, formaggi locali e una salsa di noci vellutata.
Sulla Riviera di Levante, i pansotti alla ligure raccontano l’incontro fra erbe spontanee, formaggi locali e una salsa di noci vellutata. Nati tra Golfo Paradiso e Tigullio, questi ravioli “panciuti” sono simbolo di cucina domestica e giorni di festa, grazie a un ripieno vegetale profumato e a una crema chiara che li avvolge con dolcezza e maggiorana.
In questo articolo andremo a vedere origini, ripieno e tecnica, con suggerimenti pratici su impasto, salsa e servizio a tavola; andremo anche a capire perché l’abbinata funziona, quali erbe privilegiare e come rispettare l’identità ligure del piatto.
Il nome “pansotti” rimanda alla pancia, alla forma panciuta che custodisce un ripieno generoso. La codificazione moderna risale al Novecento, con una progressiva diffusione nell’area di Recco e dintorni, fino a diventare riferimento regionale.
Legati a periodi quaresimali e alla primavera, i pansotti rappresentano una cucina di magro che non rinuncia alla profondità di sapore.
La farcia autentica nasce dal preboggion, miscela di erbe spontanee dell’entroterra: borragine, cicoria, tarassaco, pimpinella e altre specie variabili secondo stagione e raccolto. A queste si uniscono prescinsêua ricotta e una punta di noce moscata, per un profilo erbaceo e lattico davvero caratteristico. La qualità delle erbe, ben pulite e solo scottate, è determinante per mantenere fragranza e colore.
La sfoglia deve essere sottile ma elastica, tirata con farina e uova (o, in alcune case, semola e acqua) fino a ottenere una masticazione setosa.
Il formato più comune è triangolare, ricavato chiudendo un quadrato di pasta sul ripieno; esistono mezzelune e piccoli “cuscini”, purché resti la tipica pancia centrale. Sigillare bene i bordi è essenziale per evitare aperture in cottura e dispersione della farcia.
La salsa di noci è cremosa e avvolgente, tradizionalmente senza panna. Si ottiene lavorando gherigli sbollentati e pelati, mollica di pane ammollato nel latte, olio extravergine, aglio privato dell’anima, formaggio grattugiato e maggiorana. La consistenza si regola con poco latte o acqua di cottura, cercando una nappatura fluida che non soffochi il ripieno. Va scaldata dolcemente, mai portata a bollore per non ossidare le noci.
Ripieno e salsa dialogano per contrasto complementare: l’erbaceo-lattico del preboggion incontra il nocciolato della crema alle noci, mentre la maggiorana fa da ponte aromatico.
Ne deriva un primo vegetariano completo, lungo in persistenza, con grassezza equilibrata e amaro gentile delle erbe che pulisce il palato. Il risultato è identitario e al tempo stesso raffinato.
La chiave è la delicatezza del trattamento, dalle erbe alla salsa. Le verdure si scottano brevemente, si strizzano con cura e si tritano fine prima di unirle a ricotta e spezie.
La pasta si tira sottile, si farcisce con porzioni uniformi, quindi si chiude con pressione netta sui bordi. La salsa di noci si lavora a freddo o tiepido, poi si allenta con acqua di cottura al momento di condire, evitando temperature troppo alte. Scolare i pansotti al dente, trasferirli in una ciotola calda e amalgamarli con la crema per una nappatura omogenea.
Primavera e inizio estate sono ideali per un preboggion ricco e profumato; fuori stagione si ricorre a bietole e spinaci, con prezzemolo o cerfoglio per avvicinare l’effetto aromatico. Al servizio conviene scaldare appena la salsa, mantecare fuori dal fuoco e rifinire con olio ligure delicato e una briciola di maggiorana fresca.
Porzioni non eccessive, piatti tiepidi e una macinata di pepe valorizzano il profilo del piatto. Anche le bevande possono raccontare il territorio: un bicchiere di chinotto di Savona, con il suo gusto agrumato e amaricante, crea un abbinamento curioso e rinfrescante che richiama la stessa Liguria dei pansotti.
In un boccone di pansotti alla ligure si ascoltano le erbe di costa, il lavoro paziente delle cucine di casa e la misura di una regione che unisce entroterra e mare. Portarli in tavola significa scegliere precisione, stagionalità e memoria, ritrovando una dolce idea di Liguria in una crema di noci morbida e luminosa.