Vi raccontiamo come Sentinel 2 (sviluppato dall'ESA) viene usato dai soci della Cantina di Venosa per osservare i vigneti dell'Aglianico del Vulture. Il satellite per esempio è in grado di inviare messaggi su quali filari annaffiare, concimare e potare
VENOSA (Potenza). Visti dall’alto, dall’occhio del satellite, i magnifici vigneti del Vulture saranno un minuscolo puntino, eppure il lavoro fatto da questi tecnologici scrutatori spaziali sta diventando essenziale per l’antico lavoro della terra e del suo nobile prodotto: il vino.
Siamo nella zona del Vulture, in provincia di Potenza ed è qui che viene prodotto uno dei grandi vini rossi d’Italia, l’Aglianico, dal colore rosso intenso e dal sapore asciutto che, con l’invecchiamento, cambia sia il colore verso l’arancio e sia il sapore verso il delicato. E proprio per le caratteristiche dell’invecchiamento esiste il Riserva con cinque anni di età.
L’Aglianico del Vulture è il prodotto delle terre (censite dal decreto del marchio Doc del 1971 e dal 2010 la tipologia "Superiore" è divenuta Docg) che circondano la base del Monte Vulture, un vulcano spento da secoli, che viene coltivano anche fino agli 800 metri, anche se la resa migliore è quella tra i 200 e i 600 metri s.l.m. dovuta altresì per la fortunata esposizione climatica delle dolci colline di Venosa.
I vitigni dell’Aglianico - oltre al Vulture si rammentano il Taurasi, il Taburno, e anche quello delle terre del Cilento - ha origini che si perdono nel tempo, dove storia e leggenda si confondono. Il vino, declamato anche dal poeta latino (venosino di nascita) Quinto Orazio Flacco, con la frase ‘Nunc est bibendum“, sembra derivare da un’introduzione greca nel sud d’Italia intorno al VII a. C., riscontrata anche in una moneta di bronzo, raffigurante Dioniso la divinità della terra e della vite, coniata nella zona di Venosa nello stesso periodo.
Il nome del vino deriva dalla mutazione di Hellenica in Hellanica e da lì in Aglianico e potrebbe risalire alla fine del XV secolo, quando gli aragonesi dominavano sul Regno di Napoli.
E proprio a Venosa è ambientata la storia innovativa, con l’utilizzo di nuove tecnologie al servizio dei prodotti della terra. Siamo in ambito satellitare, e proprio sfruttando le capacità di questi “manufatti” moderni, che ruotano nello spazio, un satellite è stato usato per osservare, giorno e notte, i vigneti dell’Aglianico del Vulture.
Il premio nazionale Oscar green della Coldiretti, ha colto bene l’importanza, ed ha premiato l’enologo Donato Gentile della storica Cantina di Venosa, nella sezione Impresa digitale. Il premio è assegnato alle aziende gestite da giovani che si contraddistinguono con idee imprenditoriali con attenzione particolare alla tutela del territorio e quindi del suo arricchimento.
Il premio va nella direzione di quella che viene chiamata Agricoltura 4.0. Cosa si intende per “Agricoltura 4.0? “E’ l’evoluzione dell’agricoltura di precisione, realizzata attraverso la raccolta automatica, l’integrazione e l’analisi di dati provenienti dal campo, da sensori e da qualsiasi altra fonte. Lo scopo ultimo è quello di aumentare la profittabilità e la sostenibilità economica, ambientale e sociale dell’agricoltura. La richiesta di prodotti frutto dell’innovazione si vede anche dal fatturato che nel 2022 ha raggiunto 1,6 miliardi di euro, mentre gli investimenti sono cresciuti nei settori dei macchinari connessi (47%), nei sistemi di monitoraggio (35%).
Conoscere nel tempo e in dettaglio i dati dei vigneti, della condizione nel tempo dei terreni, del clima e il suo cambiamento, del tipo e la fase di crescita della vite, sono elementi e informazioni essenziali per l’enologia.
D’altra parte, conoscere per deliberare era il motto di Luigi Einaudi, così l’enologia ha necessità di sapere, non solo i vitigni produttori dell’uva, ma anche quello che i francesi chiamano il terroir, cioè il complesso delle peculiarità e qualità fisiche, geologiche e climatiche, del territorio sul quale vive la vite, perché questo influisce significativamente sul risultato finale prodotto.
Il satellite Sentinel 2 (sviluppato dall' ESA, l'Agenzia spaziale europea, nell'ambito del programma Copernicus per monitorare le aree verdi del pianeta e fornire supporto nella gestione di disastri naturali), lanciato in orbita nel 2015, fa proprio questo mestiere: monitora e invia temporalmente un flusso continuo di dati che elaborati dal software dei modelli di calcolo offrono, anche in grafici e mappe, ai viticoltori aderenti alla cooperativa Cantina di Venosa, messaggi specifici e dettagliati, ad esempio, quali filari annaffiare o concimare e potare. E questo è importante perché permette di ottimizzare, nelle rilevazioni settimanali, anno dopo anno, le soluzioni scelte. Il satellite capta e vede, restituendole, quelle informazioni che non sempre l’occhio umano riesce a cogliere.
Il vitigno dell’Aglianico, ci racconta l’enologo Donato Gentile, “richiede una maturazione tardiva molto vicina al cambio di stagione e quindi alla pioggia e agli effetti sulla maturazione dell’uva. Conseguentemente le informazioni che provengono dal satellite aiutano non sbagliare la tempistica della vendemmia”.
Le mappe fornite riportano la fotografia della zona con la situazione della vegetazione e la situazione idrica del terreno con una scala cromatica che va dal rosso-marrone al verde, quindi dalla sofferenza all’ottimale. Oppure possono riguardare l’analisi delle precipitazioni atmosferiche e del possibile impatto sulle viti e anche qui sono rappresentate dai colori che vanno dal blu (abbondanza di acqua) al celeste (carenza di acqua). È interessante sottolineare la precisione dell’elaborazione che esce dal lavoro satellitare: ogni pixel dell’immagine corrisponde a 1,5 metri di terra. Questo meccanismo organizzativo permette di intervenire tempestivamente e reindirizzare e risolvere situazioni critiche nella vigna.
Oltre a questi indubbi vantaggi occorre sottolineare che, con effetto anche sui costi operativi, monitorando lo stato vegetativo di ogni singola vite, i soci viticoltori possono andare nella vigna solo quando è necessario.
I vantaggi, inoltre, sono anche nella scelta di quali piante potare in base alla fertilità di quello specifico pezzetto di terra, andando anche a combattere momentaneamente gli eventuali attacchi patogeni, senza ricorrere al tradizionale calendario degli interventi già prestabiliti, con quindi un uso inferiore di pesticidi e giovamento, ovviamente, per l’ambiente e la sostenibilità.
Altro vantaggio importante è il potenziamento della memoria storica produttiva: alla millenaria tradizionale tramandarsi di padre in figlio dei segreti della coltivazione, bisogna aggiungere, in una combinazione positiva, si somma l’analisi dei dati di breve e lungo periodo. La statistica si arricchisce quindi nel tempo con la storia degli interventi effettuati e individuare meglio le aree più idonee per la diversificazione della produzione, e sapere quali di esse sono migliori per i vari e diversi disciplinari del Doc o del Docg.
La tecnologia e il vino, quindi, in un moderno connubio per il benessere di tutti.